L'insicurezza dell'uomo blindato

Dal greco = spazio aperto

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L'insicurezza dell'uomo blindato
di ILVO DIAMANTI

Ci sono le paure e la paura. Le preoccupazioni e l'insicurezza. Due facce della stessa realtà. Che, tuttavia, non coincidono del tutto. Le nostre paure quotidiane sono molte. Piccole e grandi. Anche se le piccole ci inquietano di più. I reati catalogati, tutti insieme, nella categoria della "criminalità comune".
Che minaccia il nostro bancomat, le nostre auto, i nostri scooter. Le nostre abitazioni. Visto che la preoccupazione più diffusa fra gli italiani (intervistati nell'ambito dell'Osservatorio sul capitale sociale curato da Demos) è di subire un "furto in casa propria" (lo teme una persona su due). Mentre li angoscia molto l'idea di subire un'aggressione. Di una rapina.

Comprensibilmente, temiamo, soprattutto, per l'incolumità personale. Nostra e dei nostri familiari. Per la nostra casa. Che segna il confine fra noi e gli altri. Il muro che tutela il nostro privato. La grande criminalità, i reati più violenti ed efferati, perpetrati da grandi organizzazioni illegali; lo stesso terrorismo. Appaiono, ai più, una eventualità terribile, ma "personalmente" improbabile. Mentre l'insicurezza si alimenta soprattutto di piccoli reati, piccole illegalità. Diffuse. Che minacciano, oltre alle abitazioni, altre piccole - nostre - "proprietà": le auto, le moto. Facilmente accessibili. Dovunque. Per questo la criminalità comune genera insicurezza. Anche al di là della probabilità - peraltro concreta - che ci colpisca direttamente. Perché incombe. E, in questo modo, viola la nostra esigenza di tutela personale. La nostra riservatezza.

Per la stessa ragione, l'insicurezza appare un tratto che supera la cerchia personale e familiare. Si trasferisce al nostro ambiente di vita. Quartiere, paese, città. È perfino banale osservare che vivere in periferie urbane degradate alimenti l'angoscia. Tuttavia, il paesaggio urbano può risultare ostile anche quando è esteticamente pregevole. O, comunque, "normale", nel suo anonimato. Dipende dalla densità sociale che circonda la nostra famiglia e la nostra casa. Dalle reti di relazioni familiari e amicali di cui disponiamo. Dalle occasioni di incontro, dalla vita associativa, dall'offerta culturale e di loisir del quartiere in cui viviamo. Dipende dalla possibilità di camminare, da soli o in compagnia, intorno a casa. In strade e aree verdi (illuminate). Senza il rischio di essere investiti, dopo due passi.

Il paesaggio urbano, in altri termini, è inscindibile dal paesaggio sociale. Le indicazioni dell'Osservatorio sul Capitale sociale, a questo proposito, sono molto chiare. Gli "uomini spaventati" sono coloro che hanno meno confidenza e relazioni con il contesto intorno a loro. Ridotto a uno spazio senza territorio. Un'entità che essi attraversano, senza conoscerla, senza riconoscersi in essa. Persone che, per questo, vivono la loro casa come un rifugio. Passano gran parte del loro tempo davanti alla tivù. Incontrano, perlopiù, parenti stretti.

Gli "uomini spaventati": prevalgono (senza esaurirsi) fra le persone anziane. Peraltro, per chi vive una vita povera di relazioni sociali, in mezzo a un territorio ostile, gli "altri" diventano un problema. Tanto più se - appaiono - "diversi" da noi. I poveri e gli immigrati. (Che oggi coincidono largamente). Fanno paura.

Lo sbriciolarsi delle nostre preoccupazioni, insieme alla frammentazione dei "bersagli" e dei luoghi dei reati, tuttavia, rende difficile trovare risposte efficaci. E le indicazioni offerte dagli italiani riflettono questa incertezza. Il richiamo alle "cause sociali" si alterna alla richiesta di interventi diretti, di tipo securitario, sul piano dell'ordine pubblico. Il che spiega perché le autorità politiche preferiscano, di gran lunga, scegliere iniziative esemplari puntate su bersagli esemplari.

Visibili a tutti. Nomadi, immigrati, accattoni. Che passano per strada, ci fermano ai semafori, girano intorno a casa nostra. Suscitano fastidio. E insicurezza. Così come è esemplare l'azione di "bonifica" su baraccopoli abusive, edifici fatiscenti, quartieri a elevata concentrazione etnica. (Luoghi "degradati", che, tuttavia, mai si sarebbero formati, senza politiche urbane imprevidenti, dettate da interessi estranei a quelli della società). D'altronde, intervenire su ambienti ben definiti (per quanto, effettivamente, insicuri) risulta mediaticamente efficace. "Spettacolare". Riduce e riassume un fenomeno complesso. Difficile da capire, per la gente. E da inseguire, per le autorità. In quanto identifica un colpevole. Che corrisponde alle nostre rappresentazioni. Confortate dalle statistiche (visto che si tratta di componenti sociali e di zone caratterizzate da un elevato grado di reati).

Il che, tuttavia, non svapora il senso di insicurezza. Anzi: contribuisce, semmai, a riprodurlo. Perché questa esibizione di forza, da parte delle pubbliche autorità; questa ricorrente ed evidente offerta di "sicurezza pubblica" si scontra, nella realtà, con la tendenza opposta. La privatizzazione del mercato della sicurezza.

L'Osservatorio, infatti, sottolinea l'ampiezza del ricorso a strumenti di difesa personale e domestica. Il 45% degli italiani dichiara di avere installato porte o finestre blindate (il 10% lo farà), il 30% un sistema di allarme antifurto (il 16% intende dotarsene in futuro). Inoltre, il 22% ha un cane da guardia (e il 7% ne prenderà uno, presto). Infine, circa il 10% degli italiani ha già acquistato un'arma di difesa personale (e un altro 6% intende farlo). Insomma, la risposta all'insicurezza spinge alla ricerca di soluzioni "private", che inducono le persone a blindarsi in casa. A prendere le distanze dal mondo esterno. Che, peraltro, è sempre più affidato al controllo di polizie private.

Mentre le politiche di securizzazione locale, caratterizzate dalla figura del poliziotto di quartiere oppure delle "polizie di prossimità", fanno anch'esse parte di quelle "politiche dell'annuncio", tanto suggestive, quanto, concretamente, inapplicate.

Semmai, la privatizzazione della sicurezza allarga gli spazi del controllo pubblico sulla nostra sfera privata. Sul territorio. Sempre in nome della sicurezza. Otto persone su dieci sono d'accordo che si aumenti la sorveglianza di telecamere su strade e altre aree pubbliche. Quattro su dieci che vengano controllati i nostri conti in banca. Una su quattro che, anche senza il nostro consenso, si possano ascoltare le nostre telefonate, leggere la nostra posta elettronica.
Così le nostre paure, i nostri timori, tendono a renderci prigionieri. Sorvegliati speciali. Esposti al mondo. E mentre ci inducono a difenderci da soli, mentre la sicurezza diventa una merce, prodotta e venduta sul mercato, assistiamo all'estendersi del controllo pubblico sul nostro privato e sul territorio (socialmente desertificato).

Così l'insicurezza diventa "ontologica" (per citare Giddens), e, in parte, prescinde dai nostri timori personali. Tanto che la preoccupazione per la misura e l'aumento della criminalità raddoppia, o quasi, se si fa riferimento al contesto nazionale rispetto a quello locale. In altri termini: la percezione generale impressiona più dell'esperienza personale. I reati che punteggiano il "nostro piccolo mondo" ci spaventano. Ma la Criminalità del Mondo ci opprime. Le nostre paure alimentano la paura. Ma la Paura, a sua volta, si riproduce autonomamente.

La paura della paura. Incombe su di noi. È un cielo basso e scuro. Rende indistinto l'orizzonte.

E non c'è nulla - nulla - che generi tanta insicurezza quanto una paura senza nome.

(27 novembre 2005)

fonti: qui e qui

Pensieri, parole, opinioni su una tematica che comunque ci riguarda personalmente?
TylerDurden

l' Uomo ha sempre avuto paura..cè stato un tempo in cui aveva paura che il cielo gli cadesse sulla testa, poi la paura che con il millennio finisse anche il mondo, la paura che arrivassero gli Unni a violentare le nostre donne, i Lanzichenecchi a depredare le nostre chiese, i Comunisti  a mangiare i nostri bambini..la paura è una reazione innata, è la ramificazione comportamentale dell' istinto di sopravvivenza..la paura però innesca motori irrazionali e inevitabilmente dà ai problemi soluzioni irrazionali.. i muri, le divise, i libri dei demagoghi, le urla dei finti profeti..

..in un altro post si parlava di Stefano Benni, in più di un libro lui ha ironicamente preso per il çul° la figura dell' uomo moderno assorbito dalla tecnica, vicino come non mai agli Dei, eppure profondamente fragile, inevitabilmente vittima della Paura..

l' articolo riportato da Anarchiste è del professor Diamanti, un buon politologo.. ha scritto diversi saggi, uno proprio sul fenomeno della Lega.. il cui elettorato è vittima proprio di quelle paure di cui si diceva sopra..

..adesso chiudo, devo passare dall' armeria a prendere una doppietta Aw7, sapete con la gente che gira  ;)
anarchiste

TylerDurden ha scritto:[...]
..adesso chiudo, devo passare dall' armeria a prendere una doppietta Aw7, sapete con la gente che gira  ;)
Rabbrividisco di soddisfazione quando intervieni  ;)
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