Serie tv consigliate

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McA
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Il binge watching serale di ieri con Snorky è considerabile tale solo sulla carta, nel senso che i sei episodi di cui si compone Strappare lungo i bordi, la serie di Zerocalcare, si vedono in poco più di un'ora e mezza in tutto. La serie è riuscitissima: perfetta trasposizione animata di ciò che l'autore romano fa da un decennio con i fumetti, è divertentissima quando vuole esserlo, commovente e profonda alla stessa maniera quando il tono della narrazione cambia.
Dai primi esperimenti animati di Zerocalcare avevamo imparato a conoscerne anche le doti di doppiatore, che qui si confermano e si esaltano in un frenetico romanesco ciancicato che è perfetto così, anche quanno 'n ze capisce 'n c@xxo. Al suo fianco, la voce dello ieratico Valerio Mastandrea è altrettanto perfetta per incarnare l'amico Armadillo.
Ottima anche la scelta delle musiche, sia originali, sia provenienti dal retroterra punk di Zerocalcare, così come dal pop anni Ottanta e Novanta.
Un piccolo capolavoro, insomma.

La battuta stracult e caligariana fino al midollo è di Secco: «Annamo a pija' er gelato».

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Jusbiland
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Consiglio The Fall... ma non son brava a fare recensioni
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McA
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Tra gli ultimi mesi del 2021 e i primi giorni del 2022, Snorky e io abbiamo visto tutta Downton Abbey (per Snorky era una revisione).
La serie inglese concepita da Julian Fellowes – 6 stagioni, quasi tutte da 10 episodi, uscite tra il 2010 e il 2015) – è ambientata in un periodo interessantissimo e meno approfondito del Novecento, cioè gli anni Dieci/Venti: la prima stagione comincia con le notizie dell'affondamento del Titanic (aprile 1912), l'ultima si conclude a Capodanno 1926. Ed è proprio la classica serie in cui la storia della famiglia di rango nobiliare dei Crowley, guidata dal Conte e dalla Contessa di Grantham, si intreccia con la Storia con la S maiuscola: la Prima guerra mondiale, l'influenza spagnola, la borghesia rampante che mette in crisi lo status quo della nobiltà come classe dirigente, i diritti civili conquistati dalle donne e tanto altro.
Downton Abbey possiede le caratteristiche di parecchie delle serie che sono diventate cult: una narrazione efficace, con colpi di scena che invogliano a far partire subito l'episodio successivo; un cast azzeccatissimo, a tutti i livelli (la grande Maggie Smith giganteggia e gigioneggia nel ruolo della Contessa Madre); battute ficcanti a profusione; e potrei continuare.
Insomma, Downton Abbey spacca e ha in sé tutto ciò che mi affascina della serialità ma che al contempo mi induce a prendere questo tipo di prodotti a piccole dosi.
Personaggio maschile preferito: John Bates (interpretato da Brendan Coyle).
Personaggio femminile preferito: Anna Smith (interpretata da Joanne Froggatt).

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Ho visto Sandman, la serie Netflix tratta dagli albi a fumetti scritti da Neil Gaiman.
Mi è piaciuta assai.

Ma la cosa migliore è che grazie alla visione della serie ho potuto (ri)leggere con grande goduria le recensioni / rinarrazioni di jami risalenti al 2004, in cui recensiva gli albi a fumetti.
In particolare la prima recensione copre il volume trasposto negli episodi dall'1 al 5.
La seconda recensione copre invece il volume trasposto negli episodi dal 6 al 10.
Spero e non vedo l'ora che esca un'altra stagione per poter (ri)leggere la terza recensione di jami di 18 anni fa e confrontarla con la serie.
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Q ha scritto: 13/08/2022, 1:12 Spero e non vedo l'ora che esca un'altra stagione per poter (ri)leggere la terza recensione di jami di 18 anni fa e confrontarla con la serie.
È uscito un episodio extra, di un'ora circa, che traspone due dei quattro racconti del volume "Le terre del sogno", ovvero "Il sogno di mille gatti" e "Calliope".
A questo punto spero in un ultimo episodio extra con gli altri due racconti e poi sia quel che sia.
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Weak Hero Class 1

La classe di una scuola superiore prima e una spettrale Seoul poi, sono solo lo sfondo e il pretesto per mostrare, come sull'isola de Il signore delle mosche, la violenza e l'ambiguità dei rapporti con gli altri e con noi stessi, rinchiusi nelle nostre gabbie sociali.
Filmicamente notevole, con regia, fotografia e musiche che mescolano le lezioni apprese dal cinema giapponese, di Hong Kong, nordamericano ed europeo.
La violenza dei continui combattimenti è tutta funzionale all'evoluzione mai scontata delle psicologie dei personaggi.
Tratto da un fumetto, 8 episodi tra i 30 e i 40 minuti, ognuno con una propria identità e una sua qualità intrinseca, fino al gran finale.
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Ancora Neil Gaiman adattato, dal libro scritto con Terry Pratchett "Buona Apocalisse a tutti!", e stavolta con un cast fuori scala in cui tutti i (grandi) attori sono meravigliosamente in parte.
Sto parlando di: Good Omens

David Tennant (riuscirò mai a vedere una sua interpretazione meno che 'straordinaria'?)
Michael Sheen (in sostanza, come sopra)
Frances McDormand (tocca ripetermi, e dà la voce a Dio!)
Jon Hamm ( (8P) )
Michael McKean (sì, quello di This Is Spinal Tap)

e una storia spettacolare, realizzata benissimo.
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La miniserie coreana A Killer Paradox, prodotta e distribuita da Nesflis, non è particolarmente notevole in assoluto, ma voglio segnalarla perché il personaggio secondario (appare nell'episodio 4 sugli 8 totali) di nome Song Chun è strepitoso.
Un personaggio degno del miglior Tarantino e più originale di qualunque personaggio del Marvel Cinema Universe interpretato superbamente dall'attore Lee Hee-joon.
Soprattutto si tratta di un supercattivo terribile che però si crede il supereroe definitivo. Si crede migliore di qualunque altro essere umano, nella sua personalissima etica.
Questo lo rende una tipologia di archetipo di cui non mi sovviene un analogo.
Ora che ci penso, proprio mentre scrivo questo post, forse solo Thanos, nel MCU, ha questo tipo di etica perversa.
Ma il fatto che Song Chun non sia un vero e proprio Supereroe o Entità Superiore, bensì una persona qualunque diventato una sorta di pseudo-Batman andato a male, rende questo personaggio di finzione assolutamente originale e memorabile.
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Only Murders In The Building – di cui Snorky e io abbiamo appena finito di goderci le tre stagioni disponibili – è perfetta se si cerca un misto di crime e comedy (mi accodo all'ormai obbligo di nominare i generi in inglese), se si è stuzzicati dalle opere metatestuali e autoricorsive (il trio protagonista è a sua volta, nella finzione, creatore di un podcast di true crime), se si ama tutto ciò che profuma di Grande Mela (a cominciare dal font con cui è composto il logo della serie, che sembra un titolo della rivista The New Yorker), se si apprezza la compresenza tra un cast già splendido di suo (Steve Martin, Martin Short, Selena Gomez) e guest star eccezionali, che appaiono sia nella parte di sé stesse sia come personaggi più o meno fissi.
La quarta stagione è annunciata da mesi, ma, come se ci trovassimo in un suo episodio, senza farlo apposta, abbiamo completato la visione proprio nel giorno in cui sono uscite le news su una prossima partecipazione eccellente.

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