Live 2019

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Apro un nuovo topic quasi solo per registrare il fatto che finalmente, martedì 28 maggio 2019, al Live Music Club di Trezzo sull'Adda, assieme all'amico Baldo, ho visto in concerto gli straordinari Motorpsycho.

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Quegli stessi Motorpsycho che Berta dichiarava di amare da sempre già nel 2003 (pur mettendo il loro album del 2002 It's A Love Cult tra le delusioni di quell'anno), quegli stessi Motorpsycho che Berta medesimo, nel 2004, inseriva poi tra le migliori uscite del 2003, quegli stessi Motorpsycho che Molo consigliava a Illinois nel 2005, quegli stessi Motorpsycho che, sempre nel 2005, ancora Berta citava come metro di paragone per elogiare i tedeschi Colour Haze, quegli stessi Motorpsycho che la Signo ascoltava proprio nel 2005 (e dunque sono 14 anni ch'ella me li consiglia, su disco e, soprattutto, dal vivo), quegli stessi Motorpsycho che, a fine anno, Sugah segnalava esibirsi al Rolling Stone nel maggio 2006, quegli stessi Motorpsycho che evidentemente non avevano incontrato il favore di Redkilla e Jack Malandra prima dei Cypress Hill all'Arezzo Wave 2004, quegli stessi Motorpsycho che avevano trovato invece l'immediata difesa della Signo (sostenuta da Landrew), quegli stessi Motorpsycho che Dante metteva tra le uscite del 2006 da tenere d'occhio, quegli stessi Motorpsycho che quindi pubblicavano un doppio album che generava i commenti di Molo, Landrew e Dante, quegli stessi Motorpsycho che Jonny e Q andavano appunto a vedere nel 2006 al Rolling Stone e per cui Q spendeva parole entusiastiche il giorno dopo il concerto, quegli stessi Motorpsycho che ripassavano per l'Italia nel 2008 (segnalati da Marlenina, con Jonny subito pronto a rispondere), quegli stessi Motorpsycho che nello stesso anno Unanota suggeriva aver influenzato i cremaschi Vortice Di Nulla, quegli stessi Motorpsycho che Jonny menzionava con tre loro canzoni tra le sue preferite per tirarsi su, quegli stessi Motorpsycho che la Signo, bontà sua, insisteva per farmi conoscere nel 2013, allorquando si apprestavano a esibirsi al Bloom, quegli stessi Motorpsycho che erano diventati ormai un nome con cui la Signo mi prendeva bonariamente in giro nel 2015, direi quasi rassegnata all'idea di non essere riuscita a convincermi ad ascoltarli, quegli stessi Motorpsycho che si esibivano a Trezzo martedì e per cui Baldo aveva un biglietto in più.

La band norvegese ha fatto il miglior concerto rock, escludendo superstar e gruppi leggendari, che io abbia visto nell'ultimo, diciamo, quinquennio, ma potrei forse estendere al decennio. Come appare chiaro, non li avevo mai ascoltati, non conoscevo mezza canzone, ma dopo circa un quarto d'ora di concerto avevo i brividi, stavo trattenendo le lacrime ed ero sconvolto. Il live è durato due ore e mezza, che sono volate tra riff maestosi, sonorità uniche, influenze hard e prog e jazz rock anni Settanta ma sempre filtrate in un modo moderno, fors'anche contemporaneo. Senza esitare, dopo il concerto ho fatto miei il doppio album The Tower, del 2017, e la maglietta Facete tumultum non bellum, latino maccheronico per Make Loud Not War, insomma: «Fate il rumore, non la guerra».

Imperiali, olimpici, gloriosi. ⚡

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Ieri sera, con le donne rock Melissa e Laura, e trovando sul posto Pede e Zero, impegnati come fonici, ho assistito al bel concerto della Jake Clemons Band in quel di Casalmaggiore, in Piazza Garibaldi, nel programma della rassegna itinerante Musica in Castello incrociato con quello dei Giovedì d'Estate casalesi.
Classe 1980, Jake Clemons è dal 2012 sassofonista della E Street Band di Bruce Springsteen, avendo di fatto ereditato il posto nel gruppo dopo la scomparsa di suo zio Clarence Clemons, venuto a mancare nel 2011. Ebbene, pur non conoscendo che un brano solista di Jake, Democracy, peraltro cover di Leonard Cohen, mi sono proprio goduto un'ora e mezza di rock intriso nell'inconfondibile suono del New Jersey e ho apprezzato Jake per il timbro vocale e l'intensità al sax. Nella norma i brani, così come i suoi turnisti.
Splendida la cover nel bis, With A Little Help From My Friends, in origine beatlesiana ma risuonata nella stupenda, trionfale, commovente versione di Joe Cocker a Woodstock. Che bello risentire dal vivo un brano simile nell'estate del 50º anniversario di quel memorabile evento.
Da dimenticare, invece, il concerto interrotto a metà per dare spazio a una breve e superflua intervista a Jake (ovviamente per volontà degli organizzatori, mica sua), la maggior parte del pubblico di piazza (seduto, poco partecipe e incapace di battere le mani neanche se dal palco viene mostrato come fare) e gli schiamazzi di bagolandia.
Messo tutto quanto sul piatto della bilancia, compresa la foto sottostante, direi in ogni caso che è stata una bellissima serata.

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Dopodiché, come da qualche anno a questa parte, ho infilato tutta la sequela estiva di concerti cremonesi.
Dal 28 al 30 giugno c'è stata la 4ª edizione del Porte Aperte Festival, all'interno del quale ho visto Koffey's Afka, Edda, Toria, The Winstons, Rancore, Claudia Is On The Sofa e Riccardo Sinigallia.
Nel weekend successivo si è tenuto l'altrettanto 4º Tanta Robba Festival (diciamo 4º da quando si chiama così; fino al 2015 aveva ancora un nome legato al Classics' Streetball), la cui programmazione su due palchi in contemporanea mi ha imposto delle scelte. In un corposo post su Facebook ho scritto solo di alcuni momenti top, ma in tutto ho visto: Hangstrom, Shonan, Candies For Breakfast, pochi minuti di Chadia Rodriguez e di Rkomi, e ancora Tropical Pizza Soundsystem, Valéry Larbaud, Il Pharaone, Il Colle, Spinelli, Auroro Borealo, Frey, Claire Audrin, un quarto d'ora di Psicologi e poi I Hate My Village, The Bloody Beetroots, Telemachos Telegraph, f o l l o w t h e r i v e r e Motta. Tutto quello che si poteva fare senza avere cloni.
Subito dopo è scattato il Festival Acquedotte: per il Centro Musica Il Cascinetto ho visto e scritto reportage su Franz Ferdinand, Jethro Tull e Negrita.
Nel frattempo non sono stato alla 2ª edizione di Luppolo In Rock, 'na volta perché ho visto il Big Man James Trio al Chocolat Cafè (dentro la programmazione dei Giovedì d'Estate), 'n'altra volta perché c'era 'n'altra cosa e insomma, è andata così. Ho latitato sul metal.
A quel punto sono entrato in modalità 25ª Arci Festa, che, dal 26 luglio al 5 agosto (anzi, al 6, visto che abbiamo aggiunto Un giorno in più), mi ha consentito di vedere Mending Maeve, Kint, Double Cut, Wayra, il primo Arci Cover Festivalbar (di cui sono stato giurato), Amara Terra Trio, Bonajia, Giuda, Oghene Damba, Stregoni, Yonic South, Marie Byrd Land Band, Any Other, Neeskens, Zolle, Not Moving L.T.D. e Hollywood & Wolfman, più vari dj set. Spiace per l'annullamento per pioggia del grande live di Kaos & DJ Craim.

Magari timbrerò la consueta presenza alla Festa di Radio Onda d'Urto e, non riuscendo a fare tutto, mi piace dire che sarei andato volentieri a vedere Kiss, Marky Ramone e The Darkness, ma così non è stato. Questi ultimi torneranno comunque a Milano a febbraio 2020.

Una bella estate, insomma.
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