Recensioni di libri

Se vuoi fare il ciutto, è qui che devi scrivere.
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gasta
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Noto che non c'è un thread che raccolga le nostre opinioni sui libri appena letti.
Visto che sto leggendo un po' in questi giorni, faccio un copia e incolla qui di brevi recensioni che mi sono scritto, sperando possa tornare utile a qualcuno.
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Mia suocera beve
Diego de Silva
Einaudi

So che il paragone con Non avevo capito niente è inevitabile. Che la maggior parte dei lettori, anche giustamente, per carità, lamenti in Mia suocera beve una ripetizione dei cliché del precedente. Che Malinconico è una macchietta. Che la storia è sottile.
La verità è che trovo talmente avvolgente il modo in cui scrive questo De Silva, in cui salta di palo in frasca, affiancando registri verbali alti a dialettismi, arguzie intellettuali a scenette famigliari, a mio parere, semplicemente perfette.
Mi piace, mi piace come mi costringe a stargli dietro, una pagina dietro l'altra, come si prende gioco di me in modo totalmente educato e leggero, senza sforare mai in manierismi o esercizi di stile.
Sarà forse vero che qui c'è tutto quello che ti aspetti dopo aver letto Non avevo capito niente. Ma siamo sicuri che questo sia un male?
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Trilogia della città di K.
Agota Kristof
Einaudi

Iniziato 12 ore fa, chiuso da qualche istante.
Credo non mi sia mai successo nella mia vita di leggere d'un fiato un libro di questo genere, ammesso che esista un libro come questo.
Dò cinque stelle e ne darei di più. Vi prego, non state a sentire chi dice che la storia è complessa o non si capisce o è troppo triste o è troppo asciutto o è crudo violento forte distaccato.
Forse, con le dovute coincidenze astrali del caso, sono stato fortunato io a poter dedicare una giornata alla lettura filata del libro. Narrativamente è privo di buchi, struttura solidissima, intrecci imprevedibili e imprevisti, dubbi sollevati, nascosti in un susseguirsi di scatole cinesi, in realtà chiare sin da subito. Racconta una storia triste, forse. Ma non è mai petulante e non è mai una tristezza fine a sè. Alla fine dei conti è una storia umana.
Lo stile di scrittura delle tre parti è perfetto.
Nella prima parte lo dichiara apertamente. Come un gioco. Io sono rimasto a bocca aperta.
Nella seconda è un turbine.
La terza è da leggere con un sospiro ad ogni punto.
Giro le pagine e non vorrei.
Non ho le competenze per parlarvi di come tratta il tema della guerra. Nè, probabilmente, tantomeno quelle linguistiche per dirvi che ogni paragrafo è una botta in piena faccia.
Io quello che posso dire è che questo è uno di quei libri che vanno letti, regalati, riletti ancora, consigliati e raccontati a chi può capire.
Ecco. Questo è uno di quei libri perfetti.
Non credo mi vengano in mente altre parole in questo momento in cui mi ritrovo ancora con il sapore delle crepes alla marmellata in bocca.
Da avere senza possibilità di replica.
Ultima modifica di gasta il 16/07/2011, 7:31, modificato 1 volta in totale.
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La compagnia dei Celestini
Stefano Benni
Feltrinelli

Innanzitutto La compagnia dei celestini fa ridere, e molto.
Qui c'è Benni al cubo, i personaggi folli e visionari di Stranalandia che parlano e si muovono in situazioni di periferia degne del Bar Sport.
Il Regolamento unico e segreto del Campionato Mondiale di Pallastrada, poi, è un vero capolavoro, da conservare e rileggere milioni di volte.
La storia gira bene, un ottimo innesco, tiene bene per tutto il romanzo grazie a scene rocambolesche e ha un twist finale davvero notevole.
Avrei dato 4 stelle.
Ma è proprio su quel finale che La compagnia dei celestini guadagna molti punti nella mia personalissima e inutilissima classifica.

Sulle scene finali ci si potrebbe spendere una tesi di comunicazione televisiva e politica, con Benni che critica, sempre con la sua dialettica surreale, tutte quelle aree di potere ormai prive di etica, le logge tipicamente italiane, la fame di guadagno, gli ecclesiasti, la piccola borghesia, chi tradisce gli amici per il facile guadagno, chi con la violenza e con la distorsione dell'informazione ricerca il proprio profitto personale, a scapito di migliaia. E chi è vassallo, chi si china, chi non pensa che allo scoop, le majorettes femminili, i tronisti maschili, il machismo, la drammatizzazione mediatizzata, il ribaltamento del vero.
Il tutto in nome dell' Egoarca Mussolardi, potente, plurimiliardario, proprietario di 12 emittenti televisive e di una squadra di calcio, con i capelli di un bambino spaventato trapiantati, perennemente abbronzato, circodato da starlette incensate da oscar senza aver mai fatto un film, che non vuole “sottostare a nessuna delle leggi che governano la gente comune”.
Il libro è del 1992.
Credo che ogni commento sia poi superfluo.

Bello, bravo Benni.
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:28, modificato 1 volta in totale.
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La donna di scorta
Diego de Silva
Einaudi

Livio, sposato felicemente con una figlia.
Dorina, single.
Si incrociano, si scontrano, si piacciono, si parlano, si amano.
Sullo sfondo una Napoli che li guarda silenziosa, una moglie devota che non sospetta nulla, impegnata in una tesi di laurea, un lavandaio forse impiccione, gli occhi di qualche amico che cominciano a sospettare.
Una storia sottile, raccontata in punta di piedi.
Piacevole nella sua semplicità.
Niente di nuovo, ma sono situazioni, forse, comuni a molti di noi.
Diego de Silva ha scritto:Viviamo nell’attesa permanente di un estraneo a cui consegnarci mani e piedi. A cui saremmo capaci di sacrificare gli affetti più cari, se necessario. Anche quando siamo in malafede. Anche se sappiamo benissimo che al momento opportuno ci tireremo indietro attaccandoci alla più ignobile delle scuse. Conta, però, il momento in cui siamo disposti a tutto. E tutto significa, papale papale, tutto.
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:27, modificato 1 volta in totale.
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Certi Bambini
Diego de Silva
Einaudi

Non so nemmeno dire se sia un libro crudo, violento, freddo, iper realista, neo realista, documentaristico, didascalico o emotivo di una vicenda che, tutto sommato, non lascia vie di fuga.
Chiudi l’ultima pagina e dici: ok, c’è poco da fare.
Che forse non si parla davvero della storia di Rosario, undicenne, in balìa della periferia di Napoli.
Forse si parla proprio dell’ineluttabilità di alcune vite, nate al servizio di nessuno, senza un progetto, con valori ferrei imparati al bancone del bar, detti a mezza voce da qualcuno che in teoria ne sa più dell’altro.
La chiesa impotente di fronte agli omicidi, i palazzi silenziosi, l’amore rubato nei bagni, nelle camerette di figlie di madri consapevoli e consenzienti.
Ma sanno cos’è bene e cos’è male.
Sono il bene e il male calati nel loro universo di valori.
Bene è avere le palle.
Bene è tirarle fuori in ogni momenti.
Male è fare il debole.
Male è parlare.
Bene è fare paura, farsi rispettare con la paura.
Male è togliere lo sguardo.
Male è lasciare un lavoro a metà.
Bene è sparare senza avere la mano che trema.
Bene è dormire aspettandosi i falchi.
Male è avere paura del male.
Inappuntabile.
De Silva un’altra volta fissa il proprio obiettivo e arriva preciso al dunque, senza tanti giri di parole.
Bene così.
Diego de Silva ha scritto:Quello dei particolari è uno dei furti più brutti della morte, dice nonna Lilina. Ti toglie i gesti, le smorfie, la faccia di chi se n’è andato.
So che è uscito il film di questo libro, qualcuno l'ha visto?
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:27, modificato 1 volta in totale.
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Da un’altra carne
Diego de Silva
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Non ci svela tutto, De Silva.
Non sapremo mai chi è Salvino e da dove è venuto.
Figlio di Marco, dice. E tant’è.
Da un lato ci racconta di questo bambino, molto diverso rispetto alla realtà raccontata in Certi bambini, ma pur sempre protagonista di una vita pre-adolescenziale non sempre semplice o leggera.
Dall’altra parte c’è Ester, nonna acquisita da Salvino. Amorevole e frustrata, con rancori antichi, ma attenta al suo ruolo. Vedova da anni, ha a che fare con i suoi due figli di 36 e 40 anni che vivono ancora con lei. Da un lato li vorrebbe fuori di casa, dall’altro l’apprensione materna li trattiene.
Non sa nemmeno lei quello che vuole.
Succede forse poco e quello che succede è disarticolato. Ma è in questo che sta tutta la storia: devi avere a che fare con situazioni che non ti aspetti, che ti piombano in casa e reclamano a gran voce la tua attenzione e una sorta di predisposizione.
Diego de Silva ha scritto:Tu puoi passarmi addosso, andartene quando ti stanchi e lasciarmi in un angolo a chiedermi dov’è che ho sbagliato. Ogni cosa che dici mi fa male, perché io l’aspetto. Ma non ti credere. Ci puoi anche entrare nella vita di un altro, diventare importante, farti le chiavi della porta sul retro, così non devi nemmeno bussare; ma non hai fatto niente di eccezionale, ricordatelo. Niente di difficile.
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:27, modificato 1 volta in totale.
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Voglio guardare
Diego De Silva
Einaudi

Questo libro ti prende la faccia, te l’accarezza per bene, ti tranquillizza, ti racconta di personaggi umani e poi ti prende a schiaffi, senza che te l’aspetti.
Un pezzo per volta scardina ogni schema mentale messo in atto nelle prime pagine fino ad arrivare a costruire uno dei noir più crudi, senza cadere mai nel banale, che abbia mai letto.
De Silva mi mette a mio agio raccontandomi dei tribunali. Quasi ce lo vedo passare, nei corridoi, l’avvocato Malinconico.
Ma qui non si racconta di lui.
Qui c’è l’avvocato Heller, bravissimo penalista, occupato nei suoi travagli che attende l’ineluttabilità.
Pare non aspetti altro, per tutto il libro.
Celeste mi è incomprensibile.
Giovane, carina, la madre attenta a lei, il padre sopraffatto dalla malattia, che per pochi soldi si dà a qualche dubbio personaggio. E’ talmente priva di sentimenti e paura e amore, Celeste. E capisco il suo atto finale. Tremendo.
Non so nemmeno se sia un noir.
Mi ritrovo inebetito e, ancora, ringrazio De Silva per la scrittura asciutta e precisa.
Ma che botta.
Diego de Silva ha scritto:Nel frattempo, pensa a quante altre volte ha sentito le stesse parole uscirgli di bocca e nella stessa sequenza. A quanto sia scontato e ripetibile il protocollo della normalità in cui si rappresenta tutti i giorni. Niente serve a niente. Niente si risolve. La funzione che svolgo è pura forma. Non me ne importa nulla di questo ragazzotto e dei suoi poveri reati. La sua misera refurtiva mi deprime. Il suo futuro mi è del tutto indifferente. I suoi diritti sono carta fotocopiata. Nessuno, qui dentro, crede a quello che sta facendo. Mente il delinquente ammanettato, mente la guardia che lo scorta, mente l’avvocato, mente il giudice. Mentono i cancellieri, i segretari e gli impiegati degli uffici. Mente il consiglio d’ordine, la camera penale, mentono le associazioni forensi e i loro giornali. Mentono i convegni, le assemblee, le inaugurazioni coi velluti e le televisioni. Mentono i giornalisti e gli intervistati.
Io sono una menzogna fra le altre.
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:27, modificato 1 volta in totale.
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La versione di Barney
Mordecai Richler
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Tanti mi hanno parlato bene di La versione di Barney. Non ho visto il film e non penso nemmeno lo farò. Ma erano anni che volevo leggerlo e finalmente.
Sarò stupido o limitato ma inevitabilmente finisco per accostarlo a Le correzioni, di Franzen, un altro libro che ho adorato.
La versione di Barney è una bellissima storia di un padre di famiglia, delle sue tre mogli, dei suoi tre figli, dei suoi amici, del suo lavoro. E’ un’ode alla vita e agli eccessi. Al whisky, al cognac, a Parigi, a Venezia, alla propria città, alle fughe al lago.
Barney è tutto ciò che non bisognerebbe e non si dovrebbe essere, ma inevitabilmente è uno dei personaggi più carismatici e veri di cui si possa leggere. Con le sue idiosincrasie e le sue paure, i suoi rancori, e le sue vendette. Le lettere che scrive per prendersi gioco di chicchessia.
Barney si diverte. E non si prende mai sul serio. E pare faccia la guerra a chi, invece, è troppo tronfio e conforme al proprio ruolo, fosse quello dell’artista parigino, fosse quello della nobildonna ebrea. Il padre di Barney, poi, un poliziotto in pensione, è una macchietta da far ribaltare dal ridere. Lui e i suoi racconti al limite che lasciano gli astanti a bocca aperta. Stupendo.
Scritto come una memoria, una sua versione dei fatti, mantiene un tono ironico e strafottente per le oltre quattrocento pagine, puntualmente striato da una malinconia per le forze che se ne vanno e per l’amore di Miriam, l’adorata Miriam.
Ho il cuore che è un colabrodo, forse, ma mi sono commosso sul loro primo incontro. Giuro.
I salti temporali continui non rendono la lettura faticosa, poi.
Aprite le pagine e immergetevi in quel mondo.
Ci sono mille nomi e milioni di digressioni.
Ma non perdetevi: siete sempre in un mondo raccontato da una persona che ama a dismisura ogni millesimo della propria vita, dall’inizio, fino alla fine.
Bello, bello davvero.
Mordecai Richler ha scritto:"Lei è uno strizzacervelli?”.
”Si”.
”Allora lasci che le dica una cosa. Non sono mai andato d’accordo con sciamani, stregoni o psichiatri. Della condizione umana hanno capito molto più Shakespeare, Tolstoj o persino Dickens di chiunque di voi. Siete una banda di ciarlatani sopravvalutata, che si ferma alla grammatica dei problemi umani, mentre gli scrittori che le ho nominato badano all’essenza. E non mi piacciono le etichette vacue che appiccicate alla gente, né le parcelle che chiedete per le perizie di parte. E non mi piacete in tribunale, uno per la difesa, l’altro per l’accusa, l’un contro l’altro armati, ma entrambi col portafoglio gonfio. Voi giocate con la testa delle persone, e siete inutili, se non dannosi. Inoltre, stando a quanto ho letto di recente, avete abbandonato il lettino per i farmaci. Paranoia? Prenda questo due volte al dì. Schizofrenia? Sciolga questo in bocca prima dei pasti. Io prendo un whisky al malto e un Montecristo per tutto, e le consiglio di fare altrettanto. Fanno duecento dollari, grazie”.
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:27, modificato 1 volta in totale.
.Eta.

Trilogia della città di K. è un capolavoro! Gasta, mi hai fatto venire l'urgenza di riaprirlo...
Di Agota Kristof lessi anche Ieri e L'analfabeta e anche quelli mi piacquero moltissimo.
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Serena variabile
Gianluca Morozzi, Elisa Genghini
Castelvecchi

Di Morozzi ho letto tutto.
E ho amato tutto.
Suppergiu'. Qualcosa piu', qualcosa meno. Ma Morozzi è sempre stato una garanzia.
Ho comprato senza pensarci due volte questo Serena variabile, convinto dal ritorno dell'Orrido. L'era del porco l'ho amato a dismisura, come Despero, del resto.
Beh, la faccio breve. Questo libro è inutile, per quanto mi riguarda.
Non che sia scritto male, intendiamoci. Oddio, non è Calvino, eh.
E' che trasuda giovanilismo da tutte le pagine.
Tenta di stupire con una storia che non sta in piedi. Con inserti della Terza Persona che personalmente ho trovato solo estremamente noiosi.
I personaggi sono macchiette fumettistiche senza spessore, la storia ha un intreccio scontato, il piu' delle volte volti pagina e pensi "si, ok, e poi!?".
In sei parole: 200 pagine buone per un blog.
Isterismi ed estremismi davvero oltre.
Femmine che fanno le femminucce. Maschi che interpretano il macho a tutti i costi.
Ma perche'?
Per quanto mi riguarda, bocciatura totale.
Ultima modifica di gasta il 24/07/2011, 20:26, modificato 1 volta in totale.
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Un calcio in bocca fa miracoli
Marco Presta
Einaudi

Ho faticato molto per riuscire a finirlo.
Eppure ha un titolo bellissimo, è scritto in modo molto leggero, la storia - seppur sottile - tiene fino alla fine, ci sono alcune frasi che meritano di essere ricordate e, cosa che non sottovaluto, fa parte dei Coralli Einaudi (carta meravigliosa, bel nero dei caratteri, piacevole al tatto).

Ma rimane la fatica.
Il "vecchietto" protagonista di Un calcio in bocca fa miracoli non riesce minimamente a risultarmi simpatico. Non riesco a capire il suo "drive", il suo motivo di esistere, il perché del suo cinismo o del suo essere stronzo. In 190 pagine non sappiamo niente di lui se non di qualche sua marachella, nemmeno tanto da spanciarsi dalle risate.
Mi chiedo quanto mi possa interessare della vita di un 75enne che fa di tutto per fare il cattivello, ma che in fondo non è che se la passi così male. Non è in pericolo di vita, è amato dalla figlia, tutto sommato la moglie Orietta gli vuole ancora bene, il suo amico Armando è inspiegabilmente legato a lui, la portinaia lo tratta con educazione e rispetto. Nessuno si ribella alle sue cazzate. La passa liscia sempre.
E il modo in cui in qualche modo si ravvede su qualche sua posizione mi sembra scontato.

Insomma.
Dovrebbe filare via liscio.
Ma qui mi manca un qualche slancio improvviso in grado di spiazzarmi.
Direi no, lasciamolo perdere.
Marco Presta ha scritto:Una delle grandi tragedie della nostra epoca consiste nel fatto che tutti sono convinti di avere un'opinione. Qualunque babbeo ti trovi di fronte si sente in dovere di dire la sua sull'economia mondiale, sul Medioriente, sull'ultima scoperta scientifica. Ci vorrebbero delle sanzioni economiche: sei un imbecille, parli del crollo delle Borse, trecento euro di multa. Invece niente. Per questo la televisione è piena di calciatori che commentano la Divina commedia e di mignotte che si battono per la salvaguarda della natura (tranne quella che hanno tra le gambe, naturalmente).
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Baol
Stefano Benni
Feltrinelli

Ciò che rende Baol uno dei migliori libri di Benni è una miscela di elementi che già abbiamo imparato ad amare dell'autore. E se l'autore non lo conosciamo, potrei azzardare nel dire che Baol è un perfetto prontuario della sua scrittura, un manifesto programmatico dei libri che lo precedono e lo seguono.
Innanzitutto fa ridere. Sin dalle prime pagine si ha a che fare con personaggi inverosimili e nello stesso tempo assolutamente reali. Il barista Galles e i suoi cocktail sono una delle pagine più divertenti che abbia letto.
Oltre all'ironia c'è la satira, quella vera, graffiante e imponente, in cui l'Italia viene messa spalle al muro con tutto il suo masochismo visivo e l'attitudine alla genuflessione verso chi è importante. Il lecchino è uno di quei personaggi scolpiti ad arte.
E poi c'è una punta di nostalgia, di rassegnazione, che fa entrare Baol nella mia persona classifica dei migliori libri della vita.
Ci sono le stragi, la collusione dei nostri politici con la mafia, la P2, il monopolio dell'informazione, le veline e le puttane di stato, Studio Aperto e Emilio Fede, la verità piegata con le immagini. Solo che è stato tutto scritto nel 1990.

Il monologo finale è pura arte.
Consigliato vivamente.
Stefano Benni ha scritto:Il barista si chiama Galles, perché ha preso tante bottigliate in faccia che è tutto ridotto a quadri e losanghe. Lo potrebbero usare come bersaglio per le freccette (anzi, qualche volta lo fanno). La sua specialità sono i cocktail: mette insieme dei ceffi di liquori e ne fa un ottimo equipaggio. I suoi cocktail leggendari sono: Anagrafe, Rappresaglia e Menedaunàl.
Anagrafe è così detto perché se ne bevi più di due, dopo devi andare all'anagrafe per sapere chi sei. Rappresaglia sono venti parti di grappa italiana per una di grappa tedesca. Poi c'è il Menedaunàl. Favoloso. Dopo averlo bevuto, ti vien sempre voglia di fare il bis. Allora chiedi, appunto: "Me ne dà un al..." Ma nessuno ha mai finito la frase, si schianta a terra prima.
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Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio
Amara Lakhous
E/O (assolo)

Non mi è piaciuto.
Forse avevo troppe aspettative su questa storia. E il primo capitolo le ha confermate tutte. Il titolo, poi, è davvero stupendo. L'edizione ottima. Ma non gira proprio.
La vicenda è semplice: è stato commesso un omicidio, il sospettato numero uno è Amedeo, che pare si scappato, il quale, in ogni capitolo viene difeso da uno degli inquilini di Piazza Vittorio. Ogni capitolo è quindi la voce di un personaggio che gravita in quell'universo.
Non mi è proprio piaciuto il fatto che tra un capitolo e l'altro ci siano delle pagine di un ipotetico diario di Amedeo, che riprendono esattamente gli stessi argomenti trattati nel capitolo precedente, con le stesse parole, gli stessi dialoghi, chiosate spesso con degli ululati che io francamente non ho apprezzato. Sono pagine ridondanti, disarticolate, che invece che dare più spessore alla storia evidenziano un artificio letterario molto forzato.
Sulle 190 pagine del libro parlano una decina di personaggi, che dicono tendenzialmente le stesse cose, con dialettismi un po' demodè e estremismi da macchiette.
E ogni volta gli ululati, le metafore su Roma e i figli della lupa.
Non è un giallo.
Non è un thriller.
Non c'è del gran sarcasmo.
Ci sono le solite frasi da luogo comune. Il milanese attaccato al lavoro che non sopporta i romani. I romani che non sopportano i napoletani. Nessuno che sopporta gli immigrati. Il tutto senza il minimo motivo. Che, ok, sarà pure così, ma almeno fammi ridere ogni tanto.
L'ultimo a parlare è l'ispettore che spiega come sono andati i fatti e la storia si chiude in quattro e quattr'otto senza scossoni.
Insomma, io mi sono un po' annoiato.
Mi spiace.
Amara Lakhous ha scritto:Per lui la cucina iraniana con le sue spezie e i suoi odori è ciò che rimane della sua memoria. Anzi, è la memoria, la nostalgia e l'odore dei suoi cari tutti insieme.
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Stefano Benni ha scritto:Rappresaglia sono venti parti di grappa italiana per una di grappa tedesca.
ecco bravo, la cercavo ieri sera questa parola nella testa, ma con sienanza ci eravamo fermati a Ritorsione...
Rappresaglia, che parola.
“Condividere saperi, senza fondare poteri”

Primo Moroni
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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve
Jonas Jonasson
Bompiani

Grazie al cielo l'ho finito.
Doveva essere un libro divertente e leggero, un libro puramente estivo, come mi era stato detto, capace di far ridere senza sosta.
In realtà è una pizza incredibile.
Prendete Forrest Gump e spazzate via tutta l'umanità del personaggio, le sue insicurezze e la storia di profondo amore. Tenete gli incontri con i personaggi storici importanti.
Ecco, elevate al quadrato. E poi al cubo.
Alan Karlsson, il protagonista, il giorno del suo compleanno scappa dalla finestra e ne combina un po' di tutti i colori. In tre settimane fa un po' di danni in giro, uccide delle persone, distrugge un po' di macchine... insomma, cose di ordinaria amministrazione per uno di cento anni.
Nel frattempo il narratore ci racconta la sua vita, che prima costruiva esplosivi in casa, poi è andato in Spagna e ha salvato Franco, poi negli USA e mentre faceva il cameriere ha inventato la bomba atomica ed è diventato amico di quattro presidenti americani, poi è andato in Russia e ha regalato la bomba ai comunisti, poi è andato in un gulag e l'ha fatto saltare in aria, poi è andato in Corea e ovviamente ha salvato il capo supremo della corea, ah già mi sono dimenticato che ha salvato anche la futura moglie di Mao e poi Mao lo salva e gli regala un sacco di soldi e insieme al fratello stupido di Einstein va a farsi 13 anni a Bali e lì succede un casino poi va a Parigi e pure a Parigi, ci manca solo che faccia la spia e infatti.
Speravo che morisse.
Almeno alla fine.
E invece no.
Alla fine si scopre pure che il pene, che non gli è MAI funzionato in tutta la vita perché era stato tecnicamente castrato, beh, gli funziona con una donna di 83 anni.
Un centenario che ha un'erezione con una donna di 83 anni.
E il libro finisce così.
Ora.
Vi prego.
Amo la fantascienza e il surreale. Anche il non-sense.
Adoro i libri per bambini e quelli catalogati "per ragazzi".
Questo mi sembra un libro che semplicemente gioca sulle iperboli, continue esagerazioni per tentare di stupire il lettore.
Secondo me non sono così le storie belle.
Ecco. No, secondo me queste sono le storie brutte.
E questo è un libro brutto.
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gasta, ho visto su anobii che hai finito Asterios Polyp.
stavo per comprarlo compulsivamente, poi mi son fermato.
un tuo commento mi interessa.
“Condividere saperi, senza fondare poteri”

Primo Moroni
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L'ho preso oggi da Kula! Anche lui me ne ha parlato molto bene.
Era la copia che avevi adocchiato tu, Q?  >:D
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preso
;)

(mi è tornata dopo non so quanto tempo la schermata: da questo IP è stato postato negli ultimi 60 secondi)

((e sì McA, bella storia!))
“Condividere saperi, senza fondare poteri”

Primo Moroni
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