Ho finalmente visto
Helvetica, con ciò intendendo il documentario del 2007 diretto da Gary Hustwit, in larga parte dedicato ovviamente al sovrano dei font, ma che coglie la palla al balzo per tracciare una breve storia del graphic design tra gli anni Cinquanta e i giorni nostri. Il carattere tipografico concepito da Eduard Hoffmann e disegnato da Max Miedinger nel 1957 è ovviamente oggetto di amore e ossessione da parte di parecchi degli addetti ai lavori intervistati, ma viene concesso adeguato spazio anche ad alcune voci dissidenti (grafici e designer che
non amano Helvetica, o che direttamente non lo tollerano, e non ne fanno mistero).
È bello ritrovare nel film alcuni personaggi e citazioni che già avevo incontrato durante la
lettura di
Sei proprio il mio typo. La vita segreta delle font, il saggio di Simon Garfield.
Che tunnel, la typomania.
Una menzione speciale per le posizioni più estreme va al nostro leggendario designer Massimo Vignelli (1931-2014), che, intervistato nel suo studio, arriva a dire: «Abbiamo spesso la tendenza a usare pochi tipi di carattere. Non è che non crediamo nei caratteri: crediamo ci siano pochi buoni caratteri. A voler essere generoso, posso dire che ce ne saranno una dozzina. Di base non ne uso più di tre».
Da una ricerca online dei suoi lavori, è chiaro che lui poteva permettersi di dire così, essendo stato un valoroso cavaliere della lotta contro la bruttezza.

Ciao da McA e da Francesco Caravagli, responsabile relazioni esterne Radio Fujiko.