Serie tv consigliate

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jami
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mmm, per me, no.
giudizio negativo per entrambe le stagioni, la prima meglio della seconda.
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Maniac
“Condividere saperi, senza fondare poteri”

Primo Moroni
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Mercoledì 21 agosto ho visto l'unica stagione di Too Old To Die Young, serie diretta da Nicolas Winding Refn, in modalità binge watching.
La consiglio caldamente se volete vedere l'arte del cinema a livelli altissimi, la sconsiglio vivamente a chi cerca semplice intrattenimento.
Su Facebook ho scritto un post con qualche dettaglio in più, del tutto privo di spoiler.

Ciao da McA e da Francesco Caravagli, responsabile relazioni esterne Radio Fujiko.
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Un frullato tra Il grande Lebowski, Roger Rabbit, Sin City e molto, molto altro...
“Condividere saperi, senza fondare poteri”

Primo Moroni
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McA ha scritto: 11/11/2015, 2:00Ash (e chi, altrimenti?) e io guardiamo Ash vs Evil Dead, prima stagione.
Oggi ho spazzato via la seconda stagione di Ash vs Evil Dead nella sua interezza, in modalità binge watching.
Mi è sembrata scritta un po' meglio della prima. A questo punto mi butterò con tutta probabilità sulla terza e ultima.
La consiglio solo agli appassionati dello stile Raimi, tra ettolitri di sangue, crani sbriciolati e umorismo dozzinale.
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McA ha scritto: 30/03/2020, 23:00Oggi ho spazzato via la seconda stagione di Ash vs Evil Dead nella sua interezza, in modalità binge watching.
Idem, oggi, con la terza e ultima stagione. Mi ha intrattenuto, anche se non mi spiego il gradimento da capogiro che la serie ha ottenuto, sia per il pubblico sia per la critica, su un aggregatore come Rotten Tomatoes.
I punti di forza sono sempre gli stessi: il personaggio unico nell'incarnazione geniale di Bruce Campbell; la colonna sonora (quella sì) capolavoro, e mi riferisco sia alla score di Joseph LoDuca sia ai brani non originali, che sembrano selezionati al preciso scopo di soddisfare i miei gusti (per fare due nomi: Slade nella seconda stagione, MC5 nella terza); la larghissima presenza di potere alle donne sotto l'apparenza maschilista; Dana DeLorenzo, che è fuori dal buon senso da quanto è una fregna imperiale (vale la pena di vedere la serie in lingua originale solo per apprezzare il tono basso della sua voce). Molto bene anche la milfona Lucy Lawless, già Xena.
«Hail to the king, baby».
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Consiglio The Newsroom, tre stagioni (dal 2012 al 2014) divorate a crescenti livelli di binge watching (Snorky e io abbiamo visto la terza stagione per intero oggi). In due parole, si parla della redazione di un notiziario di prima serata, con il suo anchorman Will McAvoy (interpretato da paura da Jeff Daniels) e tutta una serie di importanti figure che lo aiutano a (ri)costruire un programma che faccia informazione seria, dignitosa, autonoma. La stessa importanza narrativa rivestono le relazioni (lavorative e sentimentali) tra i personaggi.
È proprio una serie per chi ama le serie (non mi ritengo uno della schiera): scritta più che bene, recitata alla grande, serrata nel montaggio, ritmata il giusto ecc. Al contempo, contiene tutti gli elementi che tuttora mi tengono a debita distanza dalla maggior parte dei prodotti televisivi così concepiti, e cioè: una scrittura fin troppo fitta, dialoghi fin troppo acuti, battute fin troppo brillanti, in un mondo parallelo dove, nonostante magari rivestano anche ruoli di potere, tutte le donne che esistono sono bellissime (compresa la megadirettrice galattica, una Jane Fonda tra i 75 e i 77 anni durante le riprese) e, in generale, la sensazione dell'ansia degli autori di dimostrare costantemente la loro bravura. Per tacere di una certa dose di retorica.
Purtuttavia, come detto, la consiglio: è intrattenimento di ottima qualità. E ha almeno un estimatore eccellente.
Quentin Tarantino ha scritto:Lo show HBO che ho amato di più è The Newsroom. È l'unica serie tv che ho guardato tre volte dall'inizio alla fine. La guardavo la domenica alle sette in punto, quando andava in onda il nuovo episodio. Quando era finito, lo riguardavo. Poi lo riguardavo una terza volta nel corso della settimana successiva per riascoltare i dialoghi di Aaron Sorkin.
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Oggi ho fatto ciò che il 97% delle persone che conosco aveva già fatto: vedere la prima stagione di True Detective.
Gli otto episodi da un'ora ciascuno sono stati divorati nella consueta modalità binge watching priva di cognizione.
La forza narrativa, pure notevolissima, della storia raccontata è, mi pare, il secondo motivo per lanciarsi nella visione.
Il primo è l'interpretazione assolutamente stratosferica di Matthew McConaughey, al livello dei suoi migliori film.
Un gradino sotto sta il pur sempre grandissimo Woody Harrelson, l'altro protagonista della potente vicenda narrata.
E poi c'è la possibilità di dare uno sguardo a quel posto tremendo tra New York e Los Angeles chiamato Stati Uniti d'America.
Un lungo film di otto ore, insomma: forse uno dei punti di svolta per l'idea che le serie tv possano fare ciò che fa il cinema.

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Mi si dice che la seconda stagione (ambientazione diversa, altri personaggi) non è all'altezza, la terza torna su ottimi livelli.
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John Felice DiLuglio
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McA è passato al lato oscuro dell'intrattenimento.

Mi ricordo quando tra il 1996 e il 1999 ero attratto soltanto dalle ragazze "bellissime". Non concepivo l'idea della "bruttezza". Mi sono reso conto solamente dopo del grave errore commesso in quegli anni. Vivevo l'aspetto fisico come l'unico parametro valido, utile, sensato da considerare per decidere se approcciare o meno una ragazza.

McA tu hai vissuto di cinema senza mai guardare una serie tv.
Finalmente hai imparato ad accontentarti.
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John Felice DiLuglio ha scritto: 01/06/2020, 23:07McA è passato al lato oscuro dell'intrattenimento.
Capisco che il Grande Pubblico™ si sia fatto un'immagine di me come di un assolutista, maniaco ecc. (e non ha tutti i torti), però tu non fai parte del Grande Pubblico™ e quindi io credo tu possa accettare l'idea che io guardi alcune serie tv, perché riconosciute di livello analogo a quello del miglior cinema (Too Old To Die Young, The Newsroom, Boris, True Detective) oppure perché per me interessanti per l'argomento (Sex & Drugs & Rock & Roll e quell'unico episodio pilota di Vinyl, diretto da Scorsese) o ancora perché sono legato ai film da cui esse sono tratte (Ash vs Evil Dead).
John Felice DiLuglio ha scritto: 01/06/2020, 23:07Finalmente hai imparato ad accontentarti.
Rafforzo quel che intendo: non si tratta per me di accontentarsi, ma di vedere materiale più che selezionato. Dal 2015 a oggi, il mio approccio non è cambiato. Non guardo le serie per passare il tempo o perché non ho nulla da fare, ecco. E continuerà a essere così. Inoltre, è comunque preferibile trascorrere otto ore vedendo una serie di alta qualità che guardando quattro film tremendi. E questo non per l'opposizione tra tv e cinema, ma proprio per una questione di tempo materiale. Varrebbe anche per la lettura di libri o l'ascolto di musica o altro. No?
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FAUDA
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The Queen's Gambit

È una delle serie del momento, quindi come segnalazione vale forse poco, ma è davvero una delle serie più belle che abbia mai visto, o almeno che a me sono piaciute di più.
Pur essendo una miniserie (god bless miniserie), l'ho vista nell'arco di quasi due settimane per gustarmi ogni paio di episodi.
Dopo i primi due episodi ho pensato che quelle prime due ore erano "il film" migliore che avessi visto quest'anno. Poteva finire lì.

Il resto è rimasto a livelli altissimi e appena finito sono corso a vedere chi fosse Scott Frank che ne è il regista, autore, sceneggiatore.
Sorpresona: è uno degli autori di Logan e di Minority Report, due dei miei film preferiti ever.
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Q ha scritto: 17/11/2020, 20:23The Queen's Gambit
Ah! Vedi che tutto è interconnesso?
Scopro ora che la serie è tratta da un romanzo di Walter Tevis, di cui lessi "L'uomo che cadde sulla Terra" quindici anni fa (come testimoniato dal forum).
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Q ha scritto: 20/11/2020, 9:51
Q ha scritto: 17/11/2020, 20:23The Queen's Gambit
Ah! Vedi che tutto è interconnesso?
Scopro ora che la serie è tratta da un romanzo di Walter Tevis, di cui lessi "L'uomo che cadde sulla Terra" quindici anni fa (come testimoniato dal forum).
La visione della serie merita anche solo come prologo all'analisi de L'Ultimo Uomo

:D
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Il perfetto binge watching odierno è stato dedicato alla prima stagione di Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica. E sono d'accordo con Q, sebbene il mio giudizio sia positivo senza essere entusiastico.
Senz'altro è una serie classica, per come credo le serie siano concepite nella maggioranza dei casi, e cioè: mi fa venire voglia di vedere l'episodio successivo.
Inoltre mi piace il fatto che solo il nucleo centrale di senso sia tratto dal romanzo adamsiano, e che la vicenda si svolga in tempi e luoghi e con personaggi diversi.
Bene!
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Il perfetto binge watching odierno è stato dedicato alla seconda stagione di Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica. E rinnovo il mio gradimento, anche maggiore rispetto alla prima, per tutti i motivi già detti.
Se proprio volessi cercare il pelo nell'uovo, ho avvertito un leggero calo nella parte centrale: forse con qualche sforbiciata, calando a otto episodi anziché dieci, si sarebbe arrivati alla perfezione. Ma è proprio un appunto microscopico in un panorama roseo, dalla recitazione allucinata di Samuel Barnett – il classico attore inglese che può/potrà ricoprire ruoli di qualsiasi tipo, dallo stralunato all'ingenuo, dal genio al malvagio purosangue – a quella di tanto del cast, dalla scrittura divertente ma che non cerca la boutade a ogni costo fino alla caratterizzazione degli ambienti e all'abbigliamento dei personaggi. E non mi dilungo sui centomila omaggi, adamsiani e non, che impreziosiscono il piatto.
Bene, bravo, tris, direi, sennonché non sembra esserci all'orizzonte una nuova stagione. Amen, bene uguale.
Tutto è collegato.
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Senza che la cosa diventi un'abitudine, mi sono concesso di lasciarmi trasportare dalla corrente e vedere ciò che chiunque sta vedendo in 'sti giorni: nella consueta indigestione di binge watching, Snorky e io abbiamo liquidato in giornata SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano.
Sorvolando sulla figura del mostro Muccioli o su quanto mi faccia schifo Red Ronnie, è una serie di tono documentaristico confezionata benissimo sotto tutti i punti di vista – dal montaggio alla grafica, dalla presa audio alla qualità del materiale d'archivio – ed è scritta da un trio di autori tra cui Carlo Giuseppe Gabardini, già attore in Camera Café.

Da vedere per cominciare l'anno con il giusto disprezzo per questo Paese di pezzi di m.rd@! ❤️
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Tra le 23:00 di martedì 26 gennaio e le 01:00 di stanotte – in poco più di sei giorni contati – ho tritato i 62 episodi di Breaking Bad, che svetta immediatamente come migliore serie che io abbia mai visto. La storia (cinque stagioni, uscite tra il 2008 e il 2013) concepita da Vince Gilligan è già grandissima per respiro complessivo ed estetica filmica, ma lascia davvero senza parole per qualità della scrittura e recitazione di Bryan Cranston in primis e direi di tutto il cast, che conducono lo sguardo dello spettatore a lasciarsi ingannare di continuo e a provare empatia con il male in un modo che regge il confronto con pietre miliari del cinema come M - Il mostro di Düsseldorf.
A caldo, il mio personaggio preferito è Mike Ehrmantraut, interpretato da un superbo Jonathan Banks, ma, sulla qualità generale di attori e attrici, meglio di me si è espresso nientemeno che Sir Anthony Hopkins.

Finalmente posso dire di aver visto un capolavoro della serialità televisiva di nuova concezione (da quando insomma le chiamiamo serie e non telefilm) e stasera sono pronto per El Camino - Il film di Breaking Bad (diretto da Gilligan nel 2019), che segue gli accadimenti visti nell'ultimo episodio.

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Con il binge watching odierno siamo passati come uno spazzaneve sulla prima stagione di Fargo.
(Per entrare nella giusta atmosfera, ieri sera avevo rivisto il film dei fratelli Coen a cui la serie si ispira.)
L'arco narrativo, sviluppato sui dieci episodi, si distingue (ma mi ripeto) per scrittura e recitazione.
La storia, i luoghi e l'umanità tipici del Midwest, ma anche i personaggi, sono i punti di forza di Fargo.
E gli attori, dall'animalesco e brutale Billy Bob Thornton al miserevole e grottesco Martin Freeman, spaccano.
Allison Tolman è anch'ella superba nella parte della sbirra provinciale, non geniale ma talentuosa e impegnata.
Una menzione anche per Kate Walsh, prima per la bravura, e poi perché santo cielo ma che diamine e ostrega.

A questo punto sarà facile darsi appuntamento alla prossima, altrettanto autoconclusiva, stagione.

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The OA

Serie che volevo segnalare da quando vidi la prima incredibile stagione, l'anno scorso, ma che segnalo solo ora perché sono convinto che Lapis canit, il corto vincitore del D.E. S.I.C.A. 16, ne sia influenzato.
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