La quinta stagione è, insomma, un’opera compiuta; la migliore, lo scriviamo a cuor leggero, di una discografia che è stata un affinamento progressivo e felice sulle rotte di una scrittura fuori dai comodi cliché del pop italiano e dell’indie nostrano, tante volte gratuitamente esterofilo. Qui, invece, c’è una personalità che riesce innanzitutto a raccontare appieno se stessa, con poche concessioni a scene e scenette di contorno. Vi si trovano tanto la potenza elettrica quanto la gentilezza del tocco (Niente (a parte il fatto che mi manchi), una complessità di temi e sentimenti che vengono resi, però, con una semplicità straordinaria, a tratti memorabile (per esempio, nella squisitamente femminile Non sempre rispondo). Ogni nota è appropriata, ogni inflessione è magicamente al suo posto. Il lavoro di produzione di Peter Walsh si avvicina all’ineccepibilità. Strumentazioni che divengono impalpabili, lambendo una musica di frontiera calda e avvolgente (Laure (Il profumo)), oppure che hanno tutto il nerbo necessario per le parole. La voce, poi, non è mai stata così vibrante, in perfetto equilibrio fra testa e cuore, capace di assecondare ritornelli elettrizzanti e sfumature di chiaroscurale bellezza. Cristina Donà è una presenza insostituibile di un panorama da ammirare e amare molto, molto di più di quanto non accada.